“Lupo mannaro”, “uomo lupo”
Nel folklore, il licantropo è un uomo che, per nascita o perché maledetto, si trasforma, solitamente nelle notti di luna piena, in un lupo mostruoso assetato di sangue. Questa immagine ci viene trasmessa già nel II secolo direttamente da Gaio Petronio Arbitro che nel suo Satyricon raccontava una storiella tanto inquietante quanto spassosa:
Arrivati a certe tombe il mio uomo si nascose a fare i suoi bisogni tra le pietre, mentre io continuo a camminare canticchiando e mi metto a contarle. Mi volto e che ti vedo? Il mio compagno si spogliava e buttava le vesti sul ciglio della strada. Mi sentii venir meno il respiro e cominciai a sudare freddo. Sennonché quello si mette ad inzuppare di orina le vesti e diventa d’improvviso un lupo. […] appena diventato lupo, si mette ad ululare ed entra nel bosco. […] Mi faccio forza e, snudata la spada, comincio a sciabolare le ombre fino a che non arrivo alla villa dove abitava la mia amica. La mia Melissa pareva stupita al vedermi in giro a un’ora simile e aggiunse:
“Se tu fossi arrivato poco fa, ci avresti dato una mano: un lupo è entrato nella villa e ha scannato tutte le pecore peggio di un macellaio. Ma anche se è riuscito a fuggire, l’ha pagata cara, perché uno schiavo gli ha trapassato il collo con una lancia”. Al sentire questo non riuscii a chiudere occhio durante la notte e, a giorno fatto, me ne tornai di volata a casa di Gaio, il nostro padrone, come un mercante svaligiato. […] quando entrai in casa, vidi il soldato che giaceva disteso sul mio letto, sanguinante come un bue, e un medico gli curava il collo. Capii finalmente che si trattava di un lupo mannaro”.
In realtà, il mito è ben più antico e se ne rintracciano orme già nell’Epopea di Gilgamesh, datata tra il 2.600 e il 2.500 avanti Cristo. È Gilgamesh stesso, re di Uruk, a rifiutare Inanna-Ishtar, dea della fecondità e della bellezza, giudicata troppo libertina per via dei suoi numerosi amanti. Tra questi un pastore innamoratissimo che per lei “sollevava focacce cotte nella brace” e sacrificava “ogni giorno caprette”: la dea, forse stanca delle continue profferte, lo trasformò in lupo, condannandolo ad esser cacciato dai suoi stessi cani.
Il licantropo come cacciatore guerriero
È difficile dire da dove realmente provenga l’idea del licantropo feroce, se da un mito o dall’antica condizione di cacciatore in branco dell’uomo. Indizi di questa seconda ipotesi potrebbero essere le pitture rupestri dell’isola di Sulawesi nel Borneo: qui sono raffigurati uomini-lupo a caccia nella giungla che forse vestono pelli per invocare astuzia e forza nella battuta. Quella stessa tribù, i Toraja, tutt’ora crede nell’esistenza dei paragusi, esseri soprannaturali dalle caratteristiche molto simili a quelle del lupo mannaro. Altri combattenti e cacciatori lupo si ritrovano nella cultura persiana, gli Haumavarga, che in battaglia vestivano le pelli dei loro animali totemici, e in quella norrena che racconta dei ùlfhednar, guerrieri belva sacri a Odino.
In ogni caso, è dal Medioevo che l’immagine del licantropo assume connotati più vicini a quelli che conosciamo oggi grazie a trattazioni di carattere teoretico che ne approfondiscono gli aspetti superstiziosi, pagani o diabolici. Nel Mille il lupo mannaro poteva essere un principe negromante come Vselav Brjačislavovič, de Il canto della schiera di Igor, antico poema epico russo, oppure un cavaliere di Re Artù, come quelli della letteratura romanza, o ancora un uomo comune preso da una diabolica brama di sangue. Il termine licantropo fu infatti utilizzato anche per indicare uno dei primi, se non addirittura il primo, serial killer della storia moderna: Peter Stubbe, il licantropo di Bedburg, che tra il 1564 e il 1589 uccise in un paese vicino a Colonia tredici bambini, tra cui i suoi figli, e due donne incinte. Di notte, si racconta, l’uomo vagava per le stalle macellando il bestiame per cibarsene finché un giorno venne arrestato mentre tentava l’ennesimo omicidio. Torturato, confessò di praticare la magia nera fin dai dodici anni e di aver ricevuto in dono dal Diavolo una cintura in grado di trasformarlo in un lupo assetato di sangue.
Dall’Europa al Nuovo Mondo: il loup-garou
Dall’Europa la figura del licantropo giunse nell’America del nord con i missionari francesi che diffusero la leggenda del loro lupo mannaro, il loup-garou, associata poi dai nativi americani a quella del Windigo, spirito bramoso di carne umana. Come lo spirito del nuovo mondo anche il loup-garou era intrinsecamente malvagio nonché in grado di assumere caratteristiche umanoidi. Il mix di miti e culture diede vita anche ad altri esseri mezzi uomini e mezzi animali come il Bigfoot, il Rugarù e la Scimmia Skunk.
Secondo la scienza…
La scienza, chiaramente, non ammette ad oggi la possibilità che un uomo possa trasformarsi in lupo, almeno fisicamente. In psichiatria, ad esempio, con il termine licantropia clinica si indica una condizione mentale in cui il soggetto presenta un delirio di trasformazione somatica e, negli stadi più gravi, desiderio di cibarsi di sangue e carne cruda, a volte umana. L’approccio alla licantropia come malattia mentale, d’altra parte, è già di Galeno, medico del II secolo, che la definisce “una forma di melanconia cerebrale”.
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