“Di fronte a un libro non dobbiamo chiederci cosa dica, ma cosa vuole dire” Umberto Eco
Manoscritti misteriosi come il Voynich sono testimoni di epoche, capaci di racchiudere secoli di storia e conoscenze arcane. Che sia per l’impossibilità di tradurli, come nel caso del Voynich, o per la storia enigmatica che li accompagna, come per il Codex Gigas, sono intrisi di un fascino occulto.
Il Codex Gigas è il più grande manoscritto medievale conosciuto: 92 cm di lunghezza, 50 cm di larghezza e 22 cm di spessore per 75 chilogrammi di peso. I suoi 320 fogli di pergamena, di cui 8 sono misteriosamente scomparsi, che secondo la tradizione sarebbero stati ricavati da 160 pelli d’asino – o forse vitello – per un totale di 142,6 metri quadrati di superficie, lo rendono una meraviglia di proporzioni titaniche.
Creato intorno al 1229, probabilmente in un monastero benedettino della Boemia, è un’opera enciclopedica che contiene testi eterogenei: dalla Bibbia, a racconti della storia della Chiesa, passando per incantesimi, formule magiche e trattati esoterici. Ma ciò che lo rende ancor più celebre è l’illustrazione a tutta pagina del Diavolo, che occupa l’intera 290 recto, verso la fine del manoscritto. Una figura inquietante che gli è valsa il soprannome di “Bibbia del Diavolo”.
Le origini boeme: Herman il recluso
La tradizione vuole che il Codex Gigas sia stato creato nel monastero di Podlažice, nella Boemia del XIII secolo, da un monaco noto come Hermanus Inclusus, Herman il Recluso. Condannato a essere murato vivo per aver infranto i voti, per salvarsi avrebbe promesso di completare, in una sola notte, un’opera grandiosa che glorificasse Dio, il sapere umano e lo stesso monastero. Un compito impossibile portato a termine grazie a un patto con il Diavolo di cui la celeberrima immagine ivi presente ne sarebbe la prova, un tributo all’oscuro benefattore.
Una delle miniature del Codex Gigas.
“The Codex Gigas” Swedish National Library
Nonostante la natura leggendaria di questo racconto, gli studi paleografici confermano un dettaglio fondamentale: il Codex Gigas sembra essere stato redatto da un singolo scriba. L’uniformità della calligrafia, della spaziatura tra le lettere e tra le righe, così come l’inchiostro utilizzato, risultano invariati dall’inizio alla fine del testo. La scrittura non mostra cambiamenti nei tratti, comuni nelle opere medievali, dovuti a vecchiaia, malattie, umore o affaticamento. Al contrario, il testo si presenta in una minuscola carolina perfettamente regolare, inventata nel periodo di Carlo Magno e già caduta in disuso al tempo della realizzazione del codice. Almeno vent’anni di scrittura ininterrotta, dicono gli studiosi, escludendo le miniature e i dettagli decorativi.
Un’opera monumentale di cui non solo la stesura, ma anche il cammino storico è misterioso: nel 1295 i monaci di Podlažice, in enormi difficoltà finanziare, lo cedettero al monastero di Sedlec, oggi Repubblica Ceca.
Il Codex era già all’epoca considerato una delle meraviglie del mondo, di incredibile valore per la sua immensa mole e per l’unicità del suo contenuto. Era però anche considerata un’opera oscura. Per questo i frati bianchi di Sedlec decisero di porla nel loro cimitero consacrato, noto dal 1278 grazie a un abate che, di ritorno da Gerusalemme, qui sparse un pugno di terra del Golgota, luogo di crocifissione di Cristo. Nel 1300 la peste nera avrebbe iniziato a mietere vittime in tutta Europa e nel camposanto di Sedlec oltre 30.000 corpi vennero sepolti.
Rodolfo II e Cristina di Svezia: la passione per l’occultismo
Nel frattempo l’Ordine Benedettino del monastero di Břevno ricomprò il Codex che qui rimase dal 1477 al 1594, anno in cui finì alla corte di Rodolfo II d’Asburgo, celebre studioso di occultismo.
Rodolfo II era affascinato dalle curiosità erudite, e il Codex Gigas divenne uno dei simboli del suo Regno. Trasferito nel castello reale ivi rimase fino al “sacco di Praga” del 1648, quando, durante la Guerra dei Trent’anni, fu portato dalle truppe svedesi come bottino di guerra a Stoccolma. L’attenzione di Cristina di Svezia, una figura enigmatica e colta che già aveva accumulato una vasta biblioteca, venne attirata dall’opera. Pare però l’energia del Codex avesse un’influenza nefasta sulla Regina. Cristina abdicò nel 1655, e, prima di andare in esilio, anziché portare con sé quel testo d’inestimabile valore, lo abbandonò nella sua residenza a Stoccolma.
Qui, nel maggio del 1697, un terribile incendio devastò il castello e la biblioteca reale. Ma la Bibbia del Diavolo ancora una volta sopravvisse, forse lanciata da una finestra nel tentativo di salvarla dalle fiamme. Dal 1 gennaio 1878, il manoscritto è custodito nella Biblioteca Nazionale di Svezia.
Una delle presunte bruciature presenti nel Codex.
“The Codex Gigas” Swedish National Library
Il contenuto
Il Codex Gigas non è un’opera unica solo per dimensioni e storia, ma anche per il suo contenuto. Scritto in latino, diviso in sezioni tematiche, presenta un insieme di testi che spaziano dalla Bibbia alla fisiologia, da trattati di storia all’etimologia, passando per un rito d’esorcismo, un calendario con la lista dei santi e un elenco dei monaci presenti in Boemia.
Il testo centrale è la Biblia Sacra, che occupa gran parte del Codex, ma ciò che affascina gli studiosi sono quelle parti che si discostano dal canone religioso. Tra queste, una delle più celebri è la “Sezione Occulta” con formule e incantesimi, “invocazioni diaboliche” ed evocazioni di entità ultraterrene. Accanto a questa si trovano ricette e rimedi per trattare diverse malattie, legate alla tradizione alchemica che in quel periodo stava emergendo in Europa.
La Gerusalemme celeste e il Diavolo
La “Gerusalemme Celeste” del Codex.
“The Codex Gigas” Swedish National Library
L’aspetto più celebre del Codex, tuttavia, rimane proprio la parte in cui appare il Diavolo. Questa figura si trova sulla pergamena destra di un’apertura doppia verso la fine del manoscritto. Unica sezione con due disegni a pagina intera, da un lato vi è rappresentata la Gerusalemme Celeste, vibrante e colorata; dall’altro il demonio.
Il Diavolo del Codex Gigas.
“The Codex Gigas” Swedish National Library
Un’illustrazione unica sia per dimensioni che per l’iconografia utilizzata: a figura intera, da solo, con le mani alzate al cielo, quattro dita dagli artigli rossi per mani e piedi, il diavolo, cornuto e dal volto verde, è avvolto da un perizoma di ermellino, simbolo di regalità.
Le colonne di testo che precedono e seguono queste immagini sono state oscurate. Il motivo è ancora oggi sconosciuto. Esaminato da storici, teologi e chimici, il manoscritto non ha rivelato tutti i suoi segreti, dalle sue origini allo scopo ultimo della sua creazione.
Due delle 24 colonne di testo “oscurate” del Codex Gigas.
“The Codex Gigas” Swedish National Library
Forse, come suggeriva Umberto Eco, non è importante sapere cosa dica il Codex Gigas, ma cosa voglia dire. Un invito a riflettere sulla dualità dell’uomo? A riconoscere il Bene e il Male per poi decidere da che parte schierarsi? La Bibbia del Diavolo è ancora oggi simbolo del mistero stesso della conoscenza: titanico, eterno, insondabile.
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