Esplorando i confini del possibile
Sin dall’alba dei tempi, l’umanità è stata attratta da creature che sfuggono alla comprensione ordinaria, abitanti d’un confine sfumato tra il plausibile e l’inverosimile. È la criptozoologia, una branca controversa della zoologia, a concentrasi sullo studio di specie la cui esistenza non è ancora stata comprovata. Resa popolare negli anni Cinquanta dal lavoro pionieristico dello zoologo Bernard Heuvelmans, “è la scienza dei nascosti, delle creature dimenticate che attendono di essere scoperte”. Il termine fu coniato da Heuvelmans e dal naturalista Ivan T. Sanderson, entrambi affascinati dall’idea che potessero esistere animali misteriosi al di fuori delle categorie tradizionali della zoologia. Alcuni avrebbero sembianze più vicine a quelle umane, come Bigfoot o il Sasquatch; altri paiono animali preistorici, come Nessy; altri ancora sono ben più folkloristici, come il Chubacabra. E ci sono infine quei criptidi, come il Rougarou, che occupano anche una dimensione soprannaturale.
La criptozoologia soddisfa l’impulso ad indagare il non conosciuto con uno spirito di curiosità proprio dell’esploratore e con un metodo rigoroso pari a quello scientifico. Dopotutto, molte scoperte sono figlie di ipotesi ritenute inizialmente assurde: i draghi di Komodo, i calamari giganti, e addirittura i gorilla di montagna sono stati a lungo relegati tra le leggende per essere poi riconosciuti come specie realmente esistenti.
Ma la scienza, arroccata tra le sue certezze, a volte rifiuta a priori teorie forse “stravaganti”, ma pur sempre possibili, come nel caso di Oumuamua, il primo oggetto interstellare di passaggio nel nostro Sistema Solare. Le ipotesi che circondano criptidi quali Bigfoot, Rougarou o il misterioso Windigo sollevano pertanto domande irrisolte. Nelle leggende popolari potrebbe celarsi qualcosa che non siamo in grado di spiegare con gli strumenti ora a nostra disposizione?
Un approccio culturale alla criptozoologia
La criptozoologia offre una chiave per comprendere il rapporto tra esseri umani e mondo naturale senza dimenticare l’importanza delle testimonianze e delle tradizioni. Come sanno bene gli antropologi, la “classificazione scientifica” rappresenta solo uno dei tanti sistemi con cui gli esseri umani interpretano e danno senso al mondo. Leggende, racconti popolari ed esperienze vissute alterano le categorie tradizionali del sapere, sfidando le “verità” proclamate dalla scienza convenzionale.
In tal senso la criptozoologia non è solo una ricerca di animali sconosciuti, ma anche – e forse soprattutto – un modo diverso di analizzare e comprendere la realtà. Integrando zoologia, folklore e antropologia, assume un carattere interdisciplinare che, pur dando contributi significativi alla scoperta di nuove specie, si distingue per il suo ruolo di valorizzazione delle credenze locali. Tali studi offrono infatti una prospettiva unica sugli incontri tra umani e non-umani, nonché una comprensione antropologica della realtà sociale e culturale di interi popoli.
Classificazione dei criptidi
I criptidi si suddividono in diverse categorie a seconda delle loro caratteristiche e delle loro presunte origini. I principali gruppi includono:
Umanoidi: Creature con sembianze antropomorfe, come Bigfoot o lo Yeti. Bigfoot sarebbe stato avvistato in diverse regioni del Nord America; lo Yeti, soprannominato “l’abominevole uomo delle nevi”, è invece legato alle catene montuose dell’Himalaya.
Rettili e dinosauri sopravvissuti: Questa categoria comprende creature come il Mostro di Loch Ness e il Mokele-Mbembe. Il primo è forse il criptide acquatico più famoso, descritto come un grande essere che si nasconde nelle acque dell’omonimo lago scozzese, è associato a un animale preistorico simile a un plesiosauro. Il Mokele-Mbembe, invece, è una creatura del Congo che ricorda i dinosauri sauropodi, una possibile specie preistorica sopravvissuta per milioni di anni.
Animali folkloristici: In questa categoria troviamo creature come il Chubacabra, originario delle culture dell’America Latina, che sarebbe un predatore vampirico di bestiame. Anche il Mothman, metà uomo e metà falena, si inserisce in questa categoria associandosi però a presagi nefasti.
Criptidi soprannaturali: Questi criptidi incarnano l’intreccio di paure ancestrali, credenze magiche ed eventi naturali difficilmente spiegabili. Oltre al Rougarou e al Windigo, comprende figure come il Banshee e il Jersey Devil. Originario del folklore irlandese, il Banshee è uno spirito femminile dai lunghi capelli il cui lamento preannuncia la morte imminente di un familiare. Il Jersey Devil, invece, è una creatura alata con testa di capra che pare abbia origini demoniache e infesti le Pine Barrens del New Jersey.
Il Windigo: incarnazione della fame eterna
Dall’estremo nord, tra i popoli indigeni delle regioni più fredde del Nord America, emerge un altro criptide dai tratti sovrannaturali: il Windigo. Non un semplice predatore, ma uno spirito maligno che incarna la fame insaziabile e il gelo eterno. È la disperazione putrefatta in mostro. Secondo i popoli algonchini, il Windigo era una persona che, caduta vittima della fame durante lunghi e rigidi inverni, si tramuta in un divoratore di carne umana. La sua natura lo rende un essere capace di rigenerarsi all’infinito, un simbolo della miseria e della carestia senza fine che portano alla perdizione.
Le testimonianze raccontano di una creatura scheletrica, alta, con pelle grigiastra e gelida, occhi incavati e denti affilatissimi. In Manitous, Basil Johnston lo descrive come “uno scheletro scarno recentemente dissotterrato dalla tomba, impuro e sofferente per la suppurazione della carne”, con uno “strano e inquietante odore di decomposizione, di morte e corruzione”. Nonostante esistano razionalizzazioni del fenomeno, come la psicosi Windigo, una condizione in cui le persone sviluppano un forte desiderio di carne umana durante i periodi di estrema fame, la leggenda rimane viva. Molti popoli nativi credono ancora oggi che si aggiri nelle foreste settentrionali, cacciando coloro che si smarriscono in quelle regioni selvagge. I criptozoologi sono però più propensi a ritenere questi racconti come tracce dell’esistenza del Bigfoot o del Sasquatch.
Il Mothman: presagio di sventure
Nel cuore della West Virginia si narra di un’entità che appare silenziosa nelle notti di luna calante: il Mothman. Non è un predatore come altri criptidi, ma una creatura che sembra portare con sé presagi di sventura. La sua figura – umanoide, alta, dotata di enormi ali e occhi scarlatti che brillano come braci – è stata avvistata per la prima volta nel 1966 a Point Pleasant, terrorizzando una piccola comunità. Secondo le testimonianze locali, avrebbe fatto la sua apparizione in città poco prima del crollo del Silver Bridge del 1967, un disastro che portò alla morte di quarantasei persone. Da quel momento pare sia apparso anche durante altre catastrofi, come quella di Chernobyl del 1986.
Nonostante alcuni sostengano possa trattarsi di un gufo o di un uccello di grandi dimensioni, scambiato per una creatura sovrannaturale, l’aura di mistero attorno al Mothman è rimasta intatta. I criptozoologi lo considerano uno degli enigmi più affascinanti del Nord America, un’ombra il cui sguardo si fa specchio delle oscure paure dell’umanità.
Il Mokele-Mbembe: un dinosauro africano?
Il suo nome significa “colui che blocca il fiume”, poiché si narra che, con l’enorme corpo, ostruisca le vie d’acqua del bacino del Congo. Considerato un predatore possente simile ai sauropodi, dinosauri erbivori vissuti milioni di anni fa, viene descritto come un essere solitario, che evita gli esseri umani e da cui è meglio tenersi alla larga: la furia contro le imbarcazioni che incrociano la sua strada è divenuta leggendaria.
Nei secoli tribù locali ed esploratori occidentali hanno raccontato innumerevoli volte d’aver incontrato il Mokele-Mbembe, difficile da catturare in quanto capace di muoversi silenziosamente tra le acque torbide e fangose, sfuggendo agli occhi curiosi della civiltà moderna. Criptozoologi e appassionati di misteri continuano ancora oggi a cercarlo…
Bigfoot: mito o specie non classificata?
E poi c’è il criptide forse più famoso e controverso: Bigfoot. Questo gigantesco essere peloso è stato avvistato in molte regioni del Nord America, in particolare nelle fitte foreste del Nord-Est. Le testimonianze su Bigfoot sono innumerevoli, con resoconti che vanno da incontri fugaci a video e fotografie di una creatura che cammina eretta, con fattezze umanoidi, ma ricoperta di pelo scuro. Negli anni Trenta dell’Ottocento fu la tribù irochese Wyandot a dare il nome alla creatura per via delle enormi impronte lasciate nel fango, segno tangibile della sua esistenza elusiva. Nel 1958, la scoperta di gigantesche orme da parte di Ray Wallace, un appaltatore stradale, scatenò un’ondata di entusiasmo trasformando il folklore in indagini e studi. Momento cruciale nella storia di Bigfoot fu il 1967, quando Roger Patterson fece un calco di un’impronta nel Bluff Creek, in California: 45,7 cm. di lunghezza e 23,3 cm. di larghezza, queste le dimensioni del piede.
Calco di impronte del 1967, Bluff Creek, California © 2016 by Expedition Bigfoot! The Sasquatch Museum
Nonostante numerosi scienziati siano scettici riguardo l’esistenza di Bigfoot, altri ritengono che possa essere una specie di ominide non ancora classificato, una reliquia evolutiva, “un sopravvissuto dell’evoluzione”. Alcuni ricercatori, equipaggiati con tecnologie sempre più avanzate, continuano a esplorare le aree dove gli avvistamenti sono frequenti, alla ricerca non di orme, ma di tracce.
La scienza e l’apertura verso l’improbabile
Il confine tra leggenda e realtà è labile quando si parla di criptidi. Le testimonianze su esseri ambigui come Bigfoot sfidano la scienza convenzionale, suscitando domande. E “rifiutare un’idea solo perché stravagante o fuori moda, anche se teoricamente possibile”, come ricorda Avi Loeb, presidente del Dipartimento di Astronomia di Harvard, è un atteggiamento antiscientifico. L’universo è pieno di fenomeni inspiegabili: guardare oltre i limiti della nostra attuale conoscenza è proprio il compito della ricerca scientifica. Anche le indagini sui criptidi, per quanto spesso considerate pertinenti al campo delle pseudo-scienze, potrebbero beneficiare di un approccio che non respinga a priori ciò che appare improbabile. Le idee fondamentali alla base della criptozoologia, come la scoperta di nuove specie e la possibilità di re-incontro con esseri ritenuti estinti, sono infatti empiricamente dimostrabili e meritano di essere esplorate con serietà.
Chissà che un giorno queste creature non decidano di svelarsi finalmente all’umanità così da essere riconosciute come specie sfuggite alla nostra osservazione. O, forse, continueranno a nutrire l’immaginario umano, simboli di un mondo che non smetterà mai di dar vita a misteri inesplicabili.
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